OFFERTA CERTIFICAZIONE ENERGETICA

lunedì 21 aprile 2014

TUTTI IN CLASSE "A"

Le nostre case possono essere comode e sicure, ben isolate e correttamente soleggiate, oppure possono essere scomode e dispendiose, troppo calde d’estate e fredde in inverno; possono contribuire a migliorare la nostra qualità della vita o, al contrario, pesare significativamente sulla spesa familiare per raggiungere minimi livelli di benessere e contribuire enormemente all’inquinamento urbano determinato dagli impianti di riscaldamento, che per scaldare adeguatamente questi edifici colabrodo bruciano combustibili fossili. L’innovazione ambientale rappresenta, inoltre, la via più interessante e utile per risollevare il settore immobiliare e dell’edilizia nel suo complesso, grazie alle notevoli opportunità che offre anche in termini occupazionali ed economici.
Questi i presupposti dell’indagine di Legambiente Tutti in classe A, sulla qualità del patrimonio edilizio italiano, presentata dal vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini in una conferenza stampa che ha visto anche la partecipazione di Leopoldo Freyrie  (CNAPPC) e Antonio Scala (Enel Energia).
L’indagine ha preso in considerazione oltre 500 edifici in 47 città italiane, grazie a un team di esperti che viaggiando da nord a sud del Paese, ha fotografato con un’apparecchiatura termografica la situazione termica degli edifici confrontando le rese di costruzioni recenti, firmate anche da note archistar con palazzi costruiti nel   dopoguerra e edifici dove sono stati realizzati interventi di retrofit, evidenziando come una riqualificazione energetica ben fatta possa permettere di realizzare risultati significativi di riduzione dei consumi energetici. Sono state verificate anche le prestazioni di quelli già certificati di Classe A e di quelli ristrutturati, e di alcuni edifici costruiti dopo il 2000, ossia dopo l’adozione delle direttive europee in materia di risparmio energetico e isolamento. Su gran parte di questi immobili, nuovi e già vecchi, i problemi sono evidenti. Da Milano a Torino, fino alla periferia di Bari, dal progetto C.A.S.E. a L’Aquila, al quartiere Parco Leonardo a Roma, si ravvisano problemi di elementi disperdenti, con distribuzione delle temperature superficiali estremamente eterogenee. Spesso anche per edifici che si promuovono come “biocase” o a basso consumo energetico.
Che in “Classe A” si viva meglio lo dimostrano invece le termografie di edifici ben progettati, costruiti e certificati, come il quartiere Casanova a Bolzano o alcuni immobili nuovi o ristrutturati a Firenze, Udine o Perugia, che mostrano un comportamento omogeneo delle facciate e l’assenza di ponti termici significativi, la precisa scelta di sfruttare al meglio l’esposizione dell’edificio e l’uso di specifici materiali per le diverse facciate al fine di sfruttare al meglio la radiazione solare, minimizzando i consumi energetici  per il condizionamento invernale con un risparmio, per i fortunati abitanti di questi edifici, fino a 2mila euro ogni anno.
In questo rapporto si segnalano, inoltre, la situazione e i problemi della normativa nazionale, l’articolato e inadeguato quadro di regole nelle diverse regioni in particolare per quanto riguarda controlli e sanzioni, ma anche le buone pratiche attuate da alcuni Comuni, con particolare attenzione sulla Direttica UE 31/2010, che prevede date precise per una transizione radicale: dal 1 gennaio 2021 tutti i nuovi edifici, sia pubblici che privati, dovranno essere neutrali da un punto di vista energetico, ossia dovranno garantire prestazioni di rendimento dell’involucro tali da non aver bisogno di apporti per il riscaldamento e il raffrescamento oppure di soddisfarli attraverso le fonti rinnovabili. Entro il 30 Aprile 2014, inoltre, il Governo italiano dovrà inviare a Bruxelles una ‘strategia a lungo termine per mobilitare investimenti nella ristrutturazione del parco nazionale di edifici residenziali e commerciali, sia pubblici che privati’.
(Fonti: NewsPages.it e LegAmbiente.it)


giovedì 10 aprile 2014

SEI SICURO DELLA CLASSE ENERGETICA DI CASA TUA ?

La grande maggioranza delle case in cui viviamo consuma ed inquina molto più di quanto dovrebbe: edifici costruiti almeno 25 anni fa e caratterizzati da soluzioni progettuali, costruttive e tecnologiche tipiche dell’epoca (scarso isolamento delle pareti, serramenti inadeguati, caldaie poco performanti …) che non consentono, senza un’adeguata riqualificazione, il raggiungimento di determinati standard di risparmio energetico.
Tuttavia, anche numerose costruzioni realizzate negli ultimi 10 anni e spesso vendute come “ecosostenibili” ed “a basso consumo” risultano invece dei veri e propri “colabrodo”, evidenziando notevoli carenze soprattutto a livello di dispersioni termiche e di coibentazione delle superfici di involucro. Così, anche in questi casi, il giusto comfort abitativo è ottenibile solamente a fronte di maggiori spese sia per il riscaldamento invernale sia per il raffrescamento estivo.
Questo è quanto emerge da un recente studio effettuato da Legambiente: un’indagine termografica condotta su più di 500 immobili sparsi in tutta Italia, molti dei quali da poco edificati e pubblicizzati come “ecologici”.
La situazione è molto ambigua: fabbricati che sulla carta dovrebbero essere delle perfette “macchine energetiche” in realtà non lo sono affatto. Tutto ciò contrasta fortemente con il diritto legittimo dell’utente di ricevere informazioni esatte, attendibili e pienamente conformi sulle caratteristiche tecniche dell’abitazione in cui andrà a risiedere.
Lo strumento che dovrebbe permettere ai cittadini di conoscere e valutare correttamente i consumi di un edificio è la certificazione energetica; l’attestato di prestazione energetica (APE) deve essere allegato obbligatoriamente ad ogni atto di compravendita o di locazione e riportato su tutti gli annunci immobiliari.
A volte, però, tale documento non contiene dati affidabili poiché alcuni tecnici, lavorando con estrema superficialità ed al costo di poche decine di euro, non effettuano i sopralluoghi e le indagini indispensabili, causando in questo modo un considerevole danno economico per l’acquirente o l’affittuario.
Infatti la classe energetica di un alloggio concorre, oltre che alla definizione della spesa in bolletta, anche alla determinazione del valore di mercato: un appartamento certificato con consumi bassi otterrà una quotazione economica nettamente superiore rispetto ad uno meno ecologico. Tuttavia questa differenza di valore spesso non è giustificata ed un APE non redatto in maniera corretta può portare a pagare un’abitazione dai 100 ai 400 euro/mq in più di quanto non valga veramente; questo significa che, in casi estremi, un’unità di media grandezza può essere sopravvalutata anche di 50.000 euro.
Queste distorsioni sono dovute al fatto che in molte Regioni (quali Liguria, Veneto, Lazio, Calabria, Campania, Sardegna…) non esista ancora un sistema di controllo efficace che tuteli attivamente gli interessi di cittadini, imprese e progettisti onesti. Anche nelle regioni “più virtuose” gli accertamenti sono spesso insufficienti ed effettuati solamente “a campione”.
Quindi, da un lato sarebbe auspicabile uno snellimento delle procedure amministrative, delegando maggiori poteri e responsabilità ai tecnici privati; dall’altro sarebbero necessarie verifiche più severe.
Teoricamente deregulation e semplificazione sono armi ottime contro le lungaggini burocratiche, tuttavia la mancanza di un adeguato sistema di vigilanza ha consentito a molti di trarre profitto dai punti deboli del sistema per tornaconto personale, a discapito della qualità.
Su alcune pagine web dedicate ad acquisti online scontati si trovano, da diverso tempo, offerte per certificazione energetica a prezzi davvero bassi: non è insolito trovarne a 40 euro o meno. Se il lavoro venisse eseguito “a regola d’arte”, simili importi sarebbero difficilmente sostenibili da parte del professionista.
Infatti per ogni coupon venduto il gestore del sito trattiene una cospicua commissione che normalmente si aggira attorno al 50%; a questo si aggiunge la tassa di registrazione dell’APE al catasto energetico regionale (in Lombardia è di 10 euro). Detraendo, infine, le imposte dovute (quali IVA, ritenuta d’acconto IRPEF e contributo Inarcassa) al certificatore rimarrebbero poco più di 5 euro, non sufficienti nemmeno a coprire le spese vive affrontante.
Alla luce di quanto sopra è possibile trarre due conclusioni: o siamo in presenza di “benefattori” che pur di dare il proprio contributo alla causa decidono di lavorare esclusivamente in perdita, oppure ci troviamo di fronte a tecnici quantomeno spregiudicati che, sfruttando le maglie molto larghe dei controlli, decidono di basare il loro business sul modello “copia e incolla” con documentazioni fatte “a fotocopia” e senza compiere le dovute indagini.
Il risultato prodotto da tale sistema è una marea di APE totalmente difformi dalla realtà. Sono molto frequenti annunci di abitazioni, in vendita o in affitto, attestate in classi energetiche alquanto fantasiose, per esempio comuni appartamenti costruiti nei primi anni ’80 e mai riqualificati in classe C!
Redigere certificazioni non veritiere, oltre a costituire reato con profili penali di falso in atto pubblico, va contro le finalità della legge stessa che, prevedendo proprio la loro obbligatorietà, ha voluto incentivare il risparmio energetico in edilizia, permettendo al futuro acquirente una valutazione precisa delle caratteristiche dell’immobile.
Nel nostro Paese ci sono effettivamente troppe normative e troppa burocrazia, troppi organi preposti a rilasciare licenze ed autorizzazioni. Sarebbe invece necessario semplificare tutto questo; tuttavia, per poterlo fare in modo efficace, bisognerebbe instaurare un efficiente apparato di controllo. Allo stato attuale il rischio che si corre è quello di arenarsi in un sistema che risponda esclusivamente alla logica del maggior ribasso, producendo soltanto risultati di qualità infima.