A Bergamo solo il 10% delle case appartiene alle
classi energetiche migliori. Ma soprattutto, il 66% sta tutto dentro quelle
peggiori, E, F e G . Un quadro che deve decisamente far preoccupare.
Gli edifici lombardi sono troppo vecchi: è questa una
delle prime cause delle cattive prestazioni energetiche. Muri non coibentati,
serramenti che lasciano passare l’aria, caldaie vetuste e scarso utilizzo delle
energie rinnovabili, sono solo alcuni dei problemi che affliggono i nostri
appartamenti. Oltre un milione e 100mila edifici, infatti, avrebbero bisogno di
un intervento urgente di ristrutturazione. Il 57% degli stabili lombardi è
stato costruito prima del 1971 e ben il 13% prima del 1919. Se si pensa che in
Lombardia ci sono oltre un milione e 700mila edifici e più di 4 milioni di
abitazioni occupate da residenti si comprende facilmente che lo spreco
energetico è enorme.
Entriamo nel dettaglio di Bergamo: l’1,3 % delle case
è in categoria A (solo Sondrio e Lecco stanno meglio), lo 0,2 in A+ e l’8,5 in
classe B. Il 10,4 e il 13,3% sono nelle classi C e D, poi cominciano le note
dolenti: 13,8% in classe E (il dato più alto nella regione), 13,1 in F (solo
Milano sta peggio) e 39,5 nella peggiore, la G. Dove però Bergamo sta meglio di
qualsiasi altra città lombarda, Pavia per intenderci ha il 65,3% e oltre metà
del patrimonio edilizio di Como, Cremona, Lodi, Mantova, Milano e Varese è in
questa classe.
I dati sono stati presentati a Milano da Legambiente e
Rete Irene, alla presenza tra gli altri dell’assessore regionale all’Ambiente,
la bergamasca Claudia Terzi. «Quello della ristrutturazione energetica degli
edifici rappresenta uno dei più promettenti assi di investimenti capaci di
rimettere in pista l’economia delle costruzioni – spiega Damiano Di Simine,
presidente di Legambiente Lombardia – si tratta di investimenti estremamente
remunerativi sia per l’ambiente, grazie al forte taglio di emissioni
conseguibile, che per i privati che li intraprendono, in quanto garantiscono
allo stesso tempo il risparmio in bolletta e la rivalutazione degli immobili.
Ma per sbloccare gli investimenti occorrono politiche pubbliche che a tutti i
livelli scommettano su questo sentiero virtuoso di innovazione del patrimonio
edilizio e delle città, stabilizzando le agevolazioni fiscali e rendendole
accessibili per tutte le fasce di reddito».
«Regione Lombardia, esattamente come Legambiente, è
fermamente convinta che solo applicando una gestione più oculata delle nostre
risorse, attraverso politiche incentrate a stimolare i diversi ambiti della
qualità ambientale, (mobilità più sostenibile, un maggior sviluppo del capitale
verde e una riqualificazione energetica) si possa dare una risposta a quello
che noi identifichiamo come concetto di città sostenibile» gli ha fatto eco la
Terzi.
Le ristrutturazioni però, per essere efficaci, devono
applicarsi al sistema edificio-impianto: serve a poco cambiare la caldaia se
l’involucro edilizio resta un colabrodo energetico. E d’altro canto i sistemi
di generazione calore devono prevedere l’integrazione delle fonti rinnovabili,
dal solare termico alle pompe di calore geotermiche, oltre a caldaie efficienti
e elementi riscaldanti dotati di valvole termostatiche: anche su questo fronte
la Lombardia ha molta strada da recuperare, specie se si pensa agli impianti
condominiali dove il 20% degli impianti termici risale a prima degli anni ’80 e
ben il 56% ha più di 15 anni.
Anche sotto l’aspetto tecnologico c’è ancora da
lavorare perché il 48% degli impianti utilizza caldaie tradizionali, il 20%
degli impianti centralizzati usa caldaie a condensazione e solo nel 7,3% dei
casi parliamo di sistemi più efficienti di generazione del calore come ad
esempio il teleriscaldamento e le pompe di calore. Da non trascurare poi le
problematiche di inquinamento: sebbene in Lombardia il metano rappresenti il
principale combustibile (per il 77% degli impianti), una quota non trascurabile
degli impianti termici, il 16% per l’esattezza, funziona ancora a gasolio.
Gli interventi di ristrutturazione affrontati dalle
famiglie italiane, grazie soprattutto agli incentivi fiscali, non sono stati
orientati in modo determinato a un’azione di contenimento dei consumi
energetici. «Se tutti questi investimenti che le famiglie hanno fatto fossero
stati dedicati all’efficienza energetica, oggi avremmo già superato l’obiettivo
di riduzione dei consumi fissato per il 2020 – spiega Manuel Castoldi,
Presidente di Rete Irene – E invece continuiamo ad assistere a interventi di
manutenzione degli edifici fatti con pratiche obsolete, senza alcun riguardo
per l’efficienza e per l’ambiente, e per giunta incentivati dallo Stato al
50%».
Su 190 miliardi investiti dalle famiglie italiane dal
1998 a oggi, infatti, solo il 14% è stato dedicato all’efficienza energetica, e
di questa parte solo un decimo ha riguardato la riqualificazione dell’involucro
degli edifici, con cui si possono dimezzare i consumi. La metà è stata spesa
per sostituire serramenti e un terzo per le caldaie, interventi utili ma che
consentono di conseguire risultati più modesti. Gli interventi integrati, che
sono i più efficaci, sono stati quasi del tutto ignorati.
(fonte: ecodibergamo.it)