OFFERTA CERTIFICAZIONE ENERGETICA

domenica 30 dicembre 2012

ACQUA DEL RUBINETTO: I PRO, I CONTRO E COME TESTARLA

ACQUA DEL RUBINETTO....
...Acqua: tra i tanti tristi primati che, sempre più spesso, si attribuiscono al nostro Paese c’è quello relativo al consumo pro-capite di acqua minerale. Un business con ricadute enormi sull’ambiente e sulle nostre tasche. Circa 200 litri di acqua imbottigliata consumati da ogni italiano ogni anno, equivalenti a circa 6 miliardi di bottiglie di plastica (circa 200 mila tonnellate di PET),  la cui produzione ha implicato l’immissione in atmosfera di 624 mila tonnellate equivalenti di anidride carbonica ed il consumo di 480 mila tonnellate di petrolio.  E questo è quanto risalta se si guarda al fenomeno con la lente d’ingrandimento dell’ambientalista.
Dal punto di vista del risparmiatore poi, il problema evidenzia una serie di incongruenze rispetto al normale atteggiamento di un consumatore medio. Ebbene, l’acqua minerale può arrivare a pesare sul bilancio di una famiglia 500 Euro ogni anno in più rispetto a quanto questa spenderebbe se si dissetasse sol con l’acqua del rubinetto. Ma la beffa più grande è che, le grandi compagnie dell’acqua “da bere” utilizzano acque di proprietà del demanio pubblico corrispondendo alle autorità, quando previsto, una tariffa irrisoria o solo un “canone di coltivazione”, cioè un affitto dei terreni utilizzati. Ma, vuoi per la crisi economica, vuoi per una crescente presa di coscienza dei cittadini, per la prima volta nel nostro paese, i dati pubblicati da Beverfood nel suo Annuario 2011-2012 hanno fatto registrare una contrazione, seppur leggera, del mercato delle minerali.
Capire perché, nonostante i ripetuti comunicati che evidenziano la bontà delle nostre acque pubbliche, gli italiani non si fidino ancora di ciò che fuoriesce dal proprio rubinetto è presto detto. Gli esami condotti, infatti, risultano sempre “al netto” delle reti idriche cittadine (spesso colabrodo), condominiali e private spesso obsolete.
Se, alla “fonte” l’acqua risulta pienamente bevibile, chi ci garantisce il medesimo risultato nelle nostre cucine? Il tutto si riduce, poi, ad una questione di semplice gusto. L’acqua del rubinetto si porta dietro infatti i disinfettanti utilizzati proprio per renderla sicura (il famoso cloro), cosa che non avviene con le minerali (per cui i disinfettanti è addirittura vietato usarli).
Se, fino a poco tempo far testare la qualità della nostra acqua domestica risultava impossibile dal punto di vista economico, con spese che andavano dalle centinaia alle migliaia di Euro, di recente si sono affacciati sul mercato una serie di kit che possono aiutarci ad effettuare la nostra analisi fai da te. E’ il caso, ad esempio, di ImmediaTest (14,90€), un kit per il test dell'acqua che consente di misurare alcuni dei parametri chimici più significativi dell’acqua e di confrontarne i valori con quelli previsti dalla legge (il kit fu anche testato dal Corriere della Sera). Il kit si basa su “strisce colorimetriche” capaci di cambiare colore in presenza di determinate sostanze disciolte nell’acqua. Le strisce sono 5 differenti e servono ad analizzare il pH, la durezza, il contenuto di solfati, di cloruri e di nitrati-nitriti nell’acqua.
Un modo semplice per avere conferme sui nostri dubbi o, chissà, clamorose smentite al castello di carte eretto da martellanti campagne pubblicitarie su ogni mezzo di comunicazione.

domenica 16 dicembre 2012

DECRETO DEL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DEL 22 NOVEMBRE 2012


E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 290 del 13-12-2012 il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 22 novembre 2012.
Il Decreto è di particolare interesse per tutti i certificatori energetici in quanto introduce importanti novità.

Oltre a definire a titolo esemplificativo alcuni casi di esclusione dall'obbligo di Certificazione Energetica, il Decreto stabilisce le tolleranze di calcolo dei software commerciali, introduce l'obbligo per gli amministratori di condominio e ai responsabili degli impianti di fornire ai condomini o ai certificatori tutte le informazioni e i dati edilizi e impiantistici necessari alla realizzazione della certificazione energetica degli edifici ( compreso il libretto di impianto o di centrale).

Quindi non deve essere fornito al certificatore solo il libretto di centrale, ma anche in dati edilizi (volume riscaldato) ed impiantistici (potenze elettriche, pompe, accumuli ecc.).

L'art. 2 inoltre abolisce il paragrafo n.  9 dell'allegato A al Decreto Ministeriale 26 giugno 2009, abolendo definitivamente la possibilità di redigere l'autocertificazione per gli immobili in classe G.

venerdì 14 dicembre 2012

LOMBARDIA, NOVITA' PER LA CERTIFICAZIONE ENERGETICA

NOVITA'....


Si amplia la platea dei potenziali certificatori energetici in Lombardia. La  Delibera IX/4416, approvata dalla Giunta Regionale il 21 novembre scorso, consente l’accreditamento nell’elenco dei certificatori anche ai laureati in Scienze e tecniche dell’edilizia, Scienze e tecnologie fisiche, Scienze geologiche, Fisica, Pianificazione territoriale e urbanistica, Scienze della natura, Scienze e tecnologie geologiche.

Inoltre, non sarà più richiesta l’abilitazione all’esercizio della professione tra i requisiti per l’esercizio dell’attività di certificatore energetico.

Resta fermo l’obbligo di frequentare un corso di formazione che, per durata e contenuti, sia stato ritenuto idoneo da Cestec, la società regionale che svolge le funzioni di organismo di accreditamento. Per i corsi iniziati dopo il 1° ottobre 2013 scatterà l’obbligo di sostenere l’esame conclusivo presso il Cestec e e non presso l’ente formatore.

Sarà inoltre obbligatorio l’aggiornamento quinquennale per i certificatori accreditati, pena la loro cancellazione dall’elenco.

I dipendenti comunali accreditati come certificatori potranno svolgere l’attività di certificazione anche su edifici ubicati nel Comune nel quale prestano servizio.

Relativamente alle procedure, viene introdotta la possibilità di autodichiarare l’esclusione dall’obbligo di allegazione dell’Attestato di Certificazione Energetica (ACE) negli atti di compravendita e locazione. Sarà cioè possibile dimostrare, anche con autocertificazione, che il proprio immobile non necessita della relazione di un tecnico perché privo di impianto termico. In questo caso, nell’atto di compravendita non dovrà essere esibita la relazione del tecnico, ma solo l’autocertificazione.

L’accesso alle informazioni contenute nel Catasto Energetico Edifici Regionale sarà aperto a tutti i cittadini. “Questo aspetto è particolarmente significativo - sottolinea l’assessore all’Ambiente, Energia e Reti, LeonardoSalvemini - perché rende il cittadino consapevole della svolta energetica che vogliamo dare a questa regione, nel segno di un sempre minor consumo di energia legato a comportamenti virtuosi e all’efficientamento del patrimonio edilizio lombardo”.

Con queste modifiche “definiamo meglio la disciplina della certificazione energetica - ha proseguito Salvemini -, grazie anche all’esperienza maturata in ormai 5 anni dalla sua introduzione. Ne sono state rilasciate già oltre un milione e con questo ulteriore passo puntiamo a migliorarne la qualità eliminando i vincoli inutili. Una riduzione dei consumi, quindi, che va in parallelo con la riduzione dei vincoli burocratici”.

RACCOLTA DIFFERENZIATA: SOLO IL 33% VIENE DAVVERO RECUPERATO

Un quadro desolante che ci mostra le falle del recupero dei rifiuti differenziati in Italia.

La notizia non desta scalpore, siamo chiari. E’ solo l’ennesima sottolineatura di un ritardo atavico che contraddistingue il nostro paese. Sebbene si siano fatti passi avanti nei risultati raggiunti in termini di raccolta differenziata, poco si è fatto per recuperare ciò che viene con tanta fatica differenziato.
rifiuti,spazzatura

Il rapporto “L’Italia del Riciclo” presentato a Roma da Fise-Unire (la sezione di Confindustria che riunisce gli operatori del recupero rifiuti) evidenzia come, nel nostro Paese, solo il 33% dei rifiuti venga effettivamente recuperato; Ben al di sotto della media europea del 42%. E ben al di sotto della virtuosa Emilia, dove si recupera ben il 93% della differenziata. Peggio di noi, Portogallo e Grecia con, rispettivamente, il 19% ed il 18% di rifiuti recuperati.
Il rammarico per l’immobilismo che contraddistingue l’Italia in ambito rifiuti non è un “capriccio ambientalista” ma è piuttosto dettato dalla consapevolezza che è proprio attraverso misure coraggiose in questi campi, come anche in quello dell’energia, che passa l’innovazione di grandi fette dell’economia e del sistema produttivo.
Migliorare le prestazioni in termini di recupero dei rifiuti significa risparmiare cifre ragguardevoli in termini di importazioni di materie prime, di cui l’Italia è notoriamente poco fornita; per non parlare poi del costo enorme che grava sulla società sia in termini economici che ambientali.
Il recupero, infatti, restituendo valore al rifiuto, ne rende il processo di trattamento molto meno dispendioso rispetto a quanto si spende per nasconderlo il più lontano possibile dai nostri sguardi. Recuperare i rifiuti significa poi abbattere in maniera consistente il ricorso alle discariche. Se in Italia quasi la metà dei rifiuti (49%) viene ancora conferita in discarica, in Germania questa pratica è stata ormai completamente abbandonata, mentre in Francia si arriva al 31% del totale.
Il danno economico del ritardo italico è evidenziato anche dalle innumerevoli procedure di infrazione aperte dalla Commissione Europea ai danni del nostro Paese. Ultima, in ordine di tempo, la procedura di deferimento alla Corte di Giustizia per il mancato rispetto di quanto previsto dalla normativa comunitaria in termini di gestione integrata dei rifiuti, chiedendo il pagamento di una maximulta di 56 milioni di Euro.
La necessità è quella di avviare un processo profondo e sostanziale che rovesci la scala delle priorità con cui si affronta il problema rifiuti. Il conferimento in discarica non dovrebbe più rappresentare la prima scelta a disposizione, ma l’ultima cui ricorrere. Bisognerebbe creare sinergie virtuose tra i soggetti produttivi in modo che si riduca la produzione dei rifiuti a monte e perché si renda appetibile il loro riciclo e re-immissione nel processo produttivo.