L’avvicinarsi del 1 Gennaio
2014 rende sempre più avvincente il dibattito sulla riqualificazione
energetica degli edifici pubblici e privati perché la direttiva europea
2012/27/UE detta le nuove indicazioni da seguire mirate al contenimento e
al risparmio energetico. In particolare la direttiva sottolinea il
fatto che “ciascuno stato dovrà stabilire un obiettivo nazionale
indicativo di efficienza energetica, basato sul consumo di energia
primaria o finale, sul risparmio di energia primaria o finale o
sull’intensità energetica”. Inoltre dovranno essere adottate strategie
di efficienza energetica a lungo termine “per mobilitare investimenti
nella ristrutturazione del parco nazionale di edifici residenziali e
commerciali, sia pubblici che privati”. Dovranno poi essere agevolati
strumenti finanziari per stimolare la riqualificazione energetica.
Tutto ciò contribuisce ad incrementare il dibattito sul confronto tra casa passiva (passivhaus) e un edificio a energia quasi zero. E’ necessario chiarire
questi due concetti perché all’interno della realtà italiana esiste un
pò di confusione che potrebbe creare incomprensioni e polemiche.
Entrambe queste due
tipologie di edifici mirano a ridurre e ad azzerare la necessità di
fonti di energia fossili utilizzata per il riscaldamento o il
raffrescamento.
La casa passiva (passivhaus) tende a raggiungere un
bilancio energetico molto basso attraverso involucri edilizi ad alta
tenuta all’aria, elevati spessori di isolamento termico e infissi ad
alte prestazioni, quindi puntando all’efficienza dal lato della domanda
energetica dell’edificio e all’ottenimento di un elevato comfort
termo-igrometrico.
La casa ad energia quasi
zero invece è in grado di azzerare il proprio fabbisogno energetico
annuale per lo più attraverso l’efficientamento degli apporti
energetici, sfruttando quindi le energie rinnovabili, il riscaldamento e
raffrescamento solare passivo, l’illuminazione naturale. Non sempre
quindi con significativi risultati in termini di contenimento delle
dispersioni energetiche.
Un
edificio a energia quasi zero dunque porta vantaggi in termini
economici e di comfort, se viene realizzato secondo i principi della
passivhaus, cioè ponendo particolare attenzione alla qualità
dell’involucro edilizio.
Ed
è proprio questa la definizione data dalla Direttiva 2010/31/UE del
Parlamento Europeo e del Consiglio sulla prestazione energetica degli
edifici: “Gli edifici a energia quasi zero sono edifici ad altissima
prestazione energetica. Il fabbisogno energetico molto basso o quasi
nullo dovrebbe essere coperto in maniera molto significativa da energia
proveniente da fonti rinnovabili, compresa quella prodotta in loco o
nelle vicinanze”.
La
riduzione delle dispersioni energetiche attraverso l’involucro dovrebbe
essere la prima cosa da fare per ottenere ottimi risultati di riduzione
dalla dipendenza da energie fossili, ancora prima di mettere in atto
soluzioni di energia rinnovabili su edifici nuovi od esistenti.
Il
decreto legislativo 28/2011 comunica che nel caso di edifici nuovi o
edifici sottoposti a ristrutturazioni rilevanti, gli impianti di
produzione di energia termica devono essere progettati e realizzati in
modo da garantire il contemporaneo rispetto della copertura, tramite il
ricorso ad energia prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili,
del 50% dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria e delle
seguenti percentuali della somma dei consumi previsti per l’acqua calda
sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento:
a) il 20 per cento quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 31 maggio 2012 al 31 dicembre 2013;
b) il 35 per cento quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2016;
c) il 50 per cento quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è rilasciato dal 1° gennaio 2017.
Tutto
questo ha senso dunque se si interviene per prima cosa sull’involucro
edilizio, così da abbattere la principale causa di dispersione
energetica dell’edificio.
Nessun commento:
Posta un commento