In Italia c’è un comparto che pur avendo tutte le carte in regola per assorbire ingegneri e architetti (solo per citare le categorie immediatamente spendibili nel settore) è inchiodato a una lotta di potere tra Stato e Regioni.
La certificazione energetica degli edifici (cioè il controllo sui
consumi di una casa e la sua registrazione in un attestato) doveva
essere la nuova frontiera della Greeneconomy all’italiana, un
campo capace di creare posti di lavoro e professionalità specifiche.
Cosa che peraltro ha iniziato a verificarsi ma rischia ora di essere
bloccata dalle liti su come abilitare chi a fare il mestiere del controllo consumi.
L’anima verde della Penisola si è incartata su uno dei tasselli
fondamentali del comparto: la formazione dei certificatori. Nonostante a
luglio siano finalmente entrate in vigore le norme nazionali
che la rendono obbligatoria (con i dovuti distinguo a seconda del
percorso di laurea scelto come indicato nel decreto), in molte regioni sono ancora valide le regole adottate ben prima che lo Stato si decidesse a emanare una normativa generale.
Con il risultato che un ingegnere abilitato alla progettazione di
edifici è obbligato a seguire un corso specifico in Liguria come in
Provincia di Bolzano ma non in Piemonte. Le norme statali
dovrebbero “battere” quelle regionali, ma lo stesso Dpr sui
certificatori ha previsto che le regole nazionali siano valide solo in quelle regioni che ancora non hanno legiferato per conto loro.
Ad aggiungere confusione c’è anche un altro problema: non è detto che
le norme locali restino così come sono visto che Roma ha poi imposto
anche alle più tempestive e virtuose Regioni di riadeguarsi alle
ultime direttive europee in materia (nonché al recentissimo decreto
legge nazionale che regola il nuovo attestato di prestazione energetica).
Insomma, un caos che anziché omogeneizzare le regole sbatte la porta in
faccia alla libera circolazione dei professionisti sul territorio
europeo.
Gli ordini e i collegi professionali, dal canto loro, sono sul piede di guerra: chi ha già un titolo di Stato e una formazione adeguata (leggi: sia capace di progettare un edificio) non ne vuole sapere di sostenere un ulteriore prova iscrivendosi a un corso che può costare in media 800 euro per 64 ore di lezione.
Diversa la posizione delle Regioni e anche del Legislatore nazionale
che consente ora anche a matematici, fisici, o agronomi di rilasciare un
attestato energetico (previo superamento del corso, si intende).
Ma chi sono e cosa fanno i certificatori? Si tratta di figure
abilitate a rilasciare il cosiddetto Attestato di prestazione
energetica, un documento che una recente normativa nazionale
(il decreto legge 63/2013) obbliga ad allegare a ogni atto di
trasferimento, compravendita e locazione di immobili, pena la nullità
dei contratti.
In buona sostanza, proprio come gli elettrodomestici hanno la loro
classificazione dei consumi (le famose classi, dalla peggiore che è la G
alla migliore che è la A) così anche i luoghi in cui viviamo
devono avere il loro patentino energetico. L’attestato serve a capire se
l’appartamento dei sogni sia davvero conveniente, magari
perché consuma poco, o se invece sia una fregatura per il fatto che beva
gasolio come una spugna o disperda troppo calore d’inverno.
E visto che le norme europee impongono limiti di emissioni e
standard di sicurezza per gli impianti di riscaldamento e la costruzione
degli edifici, ecco che l’intervento di un esperto diventa vitale.
E trasforma un mestiere in opportunità che purtroppo l’insano amore
italiano per i paletti e la burocrazia rischia di sprecare.
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